Un Omer di amore per il prossimo
Appena dopo Pasqua ho ricevuto in dono un “omer di orzo” da parte di Yisca Harani, una donna ebrea che è molto di più di una normale guida turistica. E’ specializzata nel cristianesimo e tiene seminari e conferenze oltre ad essere una ricercatrice di livello universitario.
Per tutti coloro che sono interessati a Israele e al cristianesimo consiglio di seguire il suo sito (https://www.yiscaharani.com/it) e la sua pagina facebook (https://www.facebook.com/YiscaHaraniInfo)
La sua prospettiva ebraica nello spiegare il cristianesimo è sempre incredibilmente arricchente.
Yisca, con un gruppo di partecipanti ad uno dei suoi frequentatissimi seminari, è passata a trovarmi e offrendomi un omer di orzo, ha compiuto verso di me un gesto sorprendente e coraggioso, vediamo perché.
L’omer (“covone” o “mannello”) è un’antica misura biblica volumetrica dei cereali. Nel giorno che segue il Sabato durante la Pasqua – nel secondo giorno di Pasqua (Festa degli Azzimi) un omer d’orzo veniva offerto al Tempio di Gerusalemme.
“«Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando sarete entrati nella terra che io vi do e ne mieterete la messe, porterete al sacerdote un covone (omer), come primizia del vostro raccolto. Il sacerdote agiterà il covone davanti al Signore, perché sia gradito per il vostro bene; il sacerdote lo agiterà il giorno dopo il sabato. Quando farete il rito di agitazione del covone, offrirete un agnello di un anno, senza difetto, per l’olocausto in onore del Signore” Levitico 23
Osserva il rabbino Aharon A. Locci: “Al tempo delle peregrinazioni dei figli d’Israele nel deserto, il Signore provvedeva al loro mantenimento con un Omer di manna a testa al giorno. Questo cibo, di cui non conoscevano né la costituzione né la provenienza, era il segno tangibile della hashgacà temidit, la protezione costante di D-o sul Suo popolo. Per gli ebrei stessi era anche una sorta di prova da superare, una “misura” per far “misurare” il proprio livello di fedeltà alle leggi divine.
Forse, proprio in ricordo dell’Omer di manna, fu comandato al popolo d’Israele, nel Levitico, di portare l’Omer Seorim, una misura d’orzo, che non solo doveva considerarsi un ringraziamento al Signore per la protezione concessa in passato, ma anche costituire una forma di preghiera e di lode per la continuazione del Suo gradimento nel presente e nel futuro”.
(fonte: https://www.morasha.it/zehut/al01_omer.html)
Dando un omer di orzo a me, nè ebreo e neppure sacerdote, Yisca voleva certamente compiere un gesto di amicizia e benevolenza nei miei confronti, gesto che ricorda il regalo fatto da Booz, un israelita, a Rut, la vedova moabita-straniera, elogiata nella Bibbia per la sua giustizia, che andava a spigolare nei suoi campi e divenne progenitrice di Davide (e quindi di Gesù). Come per dire: Puoi sentirti a casa in Israele, ti auguro che la tua presenza qui sia portatrice di bene, come quella di Rut. Eppure questo resta un gesto coraggioso che assomiglia molto ai tanti gesti compiuti da Gesù, che oltrepassava le barriere e comprometteva la sua stessa reputazione di fronte agli ebrei più osservanti, circondandosi di apostoli che erano peccatori, toccando lebbrosi, parlando con donne adultere e lodando la fede di una donna straniera siro-fenicia.
Le nostre osservanze e tradizioni, ebree o cristiane, cariche di significati, ma che viste in modo fondamentalista possono presto tramutarsi nell’opposto di quello che vogliono insegnare, in fondo hanno sempre questo per scopo, farci crescere nell’ amore per Dio e i nostri fratelli secondi i due comandamenti che, secondo Gesù stesso, riassumono tutta la Legge:
E uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». (Mt 22)
Fields of barley and the Mount Arbel, near the Sea of Galilee
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